I tessitori della Carnia
I tessitori della Carnia erano già nominati nei documenti e nelle cronache più antiche riguardanti la Carnia, a partire dal Cinquecento.
Fin dall’inizio gli storici, come i documenti d’archivio, ne mettevano in luce due costanti: la perizia tecnica e la mobilità che caratterizzava la loro professione.
Numerosi tessitori, infatti, per alcuni mesi all’anno emigravano in Friuli, nel Veneto, in Istria e Dalmazia, ma anche in Comelico, Cadore, Trentino, Carinzia dove tenevano bottega e talvolta vi si trasferirono definitivamente. Dal mestiere dei tessitori si svilupparono le attività derivate di sarti, tintori, cappellai, fustagnari che ne seguivano le rotte.
Per molti aspetti questo fenomeno si avvicina e spesso si integra con quello dei cramàrs ferma restando la tendenza dei cramàrs dell’alta Carnia a migrare, nelle loro rotte commerciali, verso nord e i tessitori della bassa Carnia e della Val Tagliamento ad andare verso la pianura.
Gian Paolo Gri, sottolineando la funzione mediatrice svolta per secoli dalla Carnia tra i due versanti delle Alpi, tra l’area adriatica e il bacino Danubiano scrive in merito: “Si è trattato di una mediazione economica (commerciale e professionale), con importanti risvolti culturali” (da Lino in rete, Associazione della Carnia Amici dei Musei e dell’Arte, 1998, p. 159).
Di questo rapporto osmotico testimonia anche il fatto che erano proprio i cramàrs, e in particolare quelli dell’alta valle del But, a esportare stoffe prodotte in Carnia e anche a importare lino dai paesi in cui commerciavano, non essendo sufficiente quello coltivato in loco.
D’altronde è proprio la centralità in Carnia dell’arte tessile il contesto in cui si sviluppò nel Settecento la realtà di Jacopo Linussio che poté contare su una forza lavoro estremamente qualificata e capillarmente diffusa sul territorio; l’introduzione di nuovi processi tecnologici e la massiccia importazione di lino dai paesi nordici e da quelli del Mediterraneo, favorita dalla politica di protezione adottata nei suoi confronti dalla Repubblica veneta, ne sostennero la competitività sulle piazze internazionali.
Non tutti i tessitori della Carnia lavorarono per Linussio, continuando a produrre in proprio – anche dopo il declino della Fabbrica – per una committenza consolidata nel tempo, spesso ai margini dei grandi mercati. È il caso dei tessitori di Forni di Sopra e di Sotto, dell’altopiano di Lauco e di qualche altra località attivi fino alla Grande Guerra.
Tra essi, Valentino Comis di Forni di Sopra (morto nel 1921) il cui ritratto fotografico è esposto in Museo insieme ad alcuni attrezzi e esempi della sua produzione .
È proprio grazie a questi ultimi tessitori che tante testimonianze materiali hanno potuto giungere sino a noi; alcune sono in Museo e continuano tuttora a essere materiale di studio, confronto e ispirazione.
Tra essi, sono in particolare da segnalare i quaderni dei tessitori con gli schemi per la lavorazione dei tessuti, ovvero i Libri di tacamento dove il verbo tacàr indica l’azione di legare tra loro i licci e pedali del telaio. Nella loro unicità testimoniano il talento dei tessitori ma anche, citando le specialiste Gina Morandini e Carmen Romeo, le doti richieste dal loro lavoro: “ alfabetizzazione, abilità tecniche, capacità progettuali e creatività” (da Lino in rete, cit., p. 200).