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Le Maschere

Le maschere “belle” propongono colori rosati, naturali; le maschere “brutte” il nero e il rosso

Nella foto a parete, Michele Gortani è accanto a un tavolo tappezzato di maschere, intento a prepararle per poterle esporre: sono le maschere del museo, una sessantina circa, schierate nelle bacheche, mentre le più grandi sono appese alle pareti.

Risalgono a fine Ottocento, inizio Novecento e provengono da tutta la Carnia; ma i nuclei più consistenti e gli esemplari più sorprendenti sono stati raccolti a Forni di Sotto, a Sauris e Collina, dal pittore Joannes Napoleone Pellis che negli anni ’20 passò vari inverni in questi paesi insieme con l’amico Giuseppe Barazzutti.

Spesso Michele Gortani si unì alle ricerche del Pellis per arricchire la collezione di maschere dell’ancor giovane Museo di Tolmezzo e già nel 1936 descriveva, in un breve saggio, il fondo originario che possiamo ancora ammirare.

Sono fatte per essere portate, normalmente sul volto; ma le più grandi, che arrivano anche a 60 centimetri di altezza, legate con lacci sul tronco.

Sono tutte diverse nella fisionomia, e nelle coloriture.

La fisionomia trasmette effetti irridenti nell’esasperare difetti fisici: gozzo, strabismo, dilatazione e gonfiori di guance e nasi, allungamenti iperbolici del mento, rughe di vecchiaia o di espressione, labbra sporgenti da bocche storte.

Le coloriture variano: le ironiche maschere “belle” propongono colori rosati, naturali; le maschere “brutte”, scure e ostili, propongono il nero e il rosso che richiamano l’inferno, esorcizzandolo al contempo. Cavità oculari vuote e sdentature esibite evocano l’immagine del teschio, ma solo un paio raffigurano il diavolo.

Le maschere sono tutte maschili ad eccezione della grande regina coronata che insieme al re e a un terzo bonario faccione fa parte del gruppo dei Re Magi di Forni di Sotto.

Il tempo delle maschere era per eccellenza il carnevale ma il ciclo delle feste invernali era liquido e già nel ’36 Gortani accennava alle rumorose mascherate che accompagnavano i cortei nuziali, o al loro uso nelle questue epifaniche dei Re Magi.

La ricerca artistica degli sconosciuti scultori era notevole e carica di originalità; ne ritroviamo alcuni tratti anche nei mascheroni che decorano le cassapanche del museo o in quelli che sormontano i portoni di vecchie case o anche su qualche fontana di paese, quasi a tener lontane presenze indesiderate o inquietanti.

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Per altri esempi su questo tema si segnalano i musei etnografici del territorio e in particolare il Centro Etnografico ‘s Haus van der Zahre a Sauris di Sopra e il Museo Etnografico Giuseppe Fontana a Sappada nonché l’ Ecomuseo “I Mistîrs” a Paularo www.carniamusei.org, www.ecomuseomistirs.it/ravinis/

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